Quando si imposta una strategia pubblicitaria online, una delle prime scelte operative riguarda il modello di pagamento da utilizzare. In particolare, è utile comprendere le differenze tra CPC (Cost Per Click) e CPA (Cost Per Action), due modalità ampiamente adottate, ma con implicazioni molto diverse in termini di gestione, obiettivi e ritorno sull’investimento.
CPC: pagare per ogni clic, per attirare traffico e testare la strategia
Il modello CPC, ovvero “costo per clic”, prevede che l’inserzionista paghi ogni volta che un utente clicca sull’annuncio, a prescindere da ciò che accade dopo. È un sistema comunemente adottato nelle fasi iniziali di una campagna, in quanto consente di generare traffico verso un sito web o una landing page e di sperimentare diverse creatività pubblicitarie.
Dal punto di vista operativo, il CPC offre:
- controllo diretto sul budget e sul costo massimo per clic;
- possibilità di misurare il CTR (Click-Through Rate), ovvero il rapporto tra visualizzazioni e clic;
- una buona soluzione per campagne di visibilità o brand awareness.
Tuttavia, non assicura che il traffico generi risultati concreti: se il sito non è ottimizzato o l’offerta non è sufficientemente persuasiva, si rischia di pagare per clic non qualificati.
CPA: pagare solo per l’azione compiuta, con un sistema già ottimizzato
Il modello CPA, ovvero “costo per azione”, implica un pagamento solo nel momento in cui l’utente esegue un’azione specifica, come un acquisto, la compilazione di un modulo o il download di un contenuto. Si tratta di una modalità più orientata al risultato, che valorizza la conversione come metrica principale.
Per adottare con successo il CPA è necessario disporre di:
- un sistema di tracciamento accurato (tag, pixel o eventi configurati correttamente);
- una base di traffico consistente per consentire alle piattaforme di ottimizzare gli annunci;
- un funnel ben strutturato, in grado di accompagnare l’utente dalla scoperta fino all’azione desiderata.
Il CPA è dunque più efficiente in termini di ritorno sull’investimento, ma richiede una macchina digitale già collaudata.
Come orientarsi nella scelta tra CPC e CPA
La scelta tra CPC e CPA dipende strettamente dagli obiettivi della campagna e dal livello di maturità del progetto digitale. In una fase iniziale, quando l’interesse principale è generare traffico e testare il funzionamento delle creatività pubblicitarie, il modello CPC può offrire maggiore flessibilità e controllo. È particolarmente indicato quando si dispone di un budget contenuto e si vuole comprendere come l’utenza interagisce con l’annuncio e con la pagina di atterraggio.
Al contrario, il modello CPA si rivela più efficace quando la macchina digitale è già ben rodata: serve un funnel strutturato, un sistema di tracciamento affidabile e un volume di traffico tale da permettere alla piattaforma pubblicitaria di ottimizzare le inserzioni. Questo modello è ideale per campagne orientate alla conversione, come l’acquisizione di contatti o la vendita di prodotti e servizi, soprattutto quando si conosce il valore economico di ciascuna azione compiuta dall’utente.
In alcuni casi, può essere utile partire con il CPC per raccogliere dati e affinare la strategia, per poi passare al CPA una volta raggiunta una maggiore solidità. Non si tratta quindi di scegliere un modello “migliore” in assoluto, ma di adottare quello più adatto al momento specifico e agli obiettivi perseguiti.
Comprendere le differenze tra CPC e CPA significa dotarsi di strumenti concreti per ottimizzare l’efficacia delle campagne digitali. Il CPC consente di sperimentare e costruire visibilità, mentre il CPA permette di concentrarsi esclusivamente sui risultati concreti. La scelta migliore non è mai assoluta, ma deve essere inserita in un disegno strategico più ampio, che tenga conto del contesto, della struttura del funnel e degli obiettivi di business.
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