Ultimo aggiornamento 10 Marzo 2020 di Alessandra

Domani, 26 settembre, è la giornata europea delle lingue. Partendo da questa iniziativa abbiamo riflettuto sull’importanza di conoscere le lingue straniere per chi voglia promuoversi nei mercati esteri. La lingua, tuttavia, è soltanto una delle componenti di una comunicazione efficace; per colpire nel segno bisogna conoscere anche la cultura, i gusti e i linguaggi della pubblicità.Nel 2001 il sondaggio “Gli europei e le lingue straniere” ha sottolineato che il 56% dei cittadini UE conosce una lingua diversa dalla propria, il 28% parla due lingue straniere e che l’88% si considera “bravo nelle lingue”.

Sarebbe però interessante sapere quanti padroneggiano il linguaggio dei paesi stranieri. Eh sì, perché l’ambiente, la società, lo stile di vita influiscono molto su quello che è il modo di comunicare e, per le aziende, di promuoversi. Pensiamo alle recenti polemiche legate alla campagna Buondì Motta. Al di là dell’efficacia (o meno) dello spot in cui mamma e papà vengono uccisi dall’asteroide di fronte alla figlioletta, per la prima volta è stata proposta al pubblico italiano una pubblicità irriverente e fuori dagli schemi, a cui l’audience televisivo non era abituato.

La “cultura della comunicazione” in Italia impone spesso di essere “pollitically correct“, di non esagerare e di “rispettare” un linguaggio entrato nell’uso quotidiano del pubblico. Le merendine vogliono la famigliola felice e perfetta, è lo schema reiterato e consolidato che garantisce una comunicazione adeguata al pubblico dello stivale.

Ma funziona così anche all’estero? Non sempre. A volte il pubblico straniero è abituato a linguaggi più irriverenti.

Recentemente ci siamo imbattuti nello spot di una pizza Dr. Oetker (mamma tedesca della Cameo) in cui il pizzaiolo Pietro era dipinto come un mezzo delinquente che sfascia un’auto, imbratta un cartello stradale e mette incinta la figlia di Nini Salerno. In Italia una storia così, probabilmente, non ci farebbe risultare simpatico ed affidabile Pietro, anzi, probabilmente saremmo molto critici nei suoi confronti. In Germania, evidentemente, è un linguaggio che non disturba. In qualche modo lo spot ruota intorno ai luoghi comuni legati all’immaginario tedesco di italiani “discoli”, un po’ mascalzoni, tombeurs des femmes ma comunque bravi in cucina.

È uso comune all’estero ritrarre gli italiani secondo stereotipi culturali e a volte per un’azienda nostrana può essere intelligente giocare proprio su questi elementi per utilizzarli a proprio vantaggio. Ne è un esempio vincente la campagna “Italians are coming” di FIAT per il promuovere la 500L negli Stati Uniti. Anche in questo caso gli italiani sono presentati evidenziando il lato sensuale, attraente e legato alla tradizione (si noti l’espresso). Chiaro che qui il preconcetto diventa punto di forza su cui puntare per colpire il mercato.

Anche quando si fanno campagne di pubblicità all’estero, ovviamente, bisogna sempre restare fedeli a quelle che sono le scelte di immagine e di linea editoriale aziendali, che non debbono per forza essere disattese, ma un approfondimento rispetto a come si collocano sul mercato in oggetto i prodotti del nostro segmento aiuta ad indicare una strada che si potrebbe perseguire per risultare più efficaci all’estero.