Ultimo aggiornamento 10 Marzo 2020 di Alessandra
Paghi di un’esperienza speciale come la promozione dell’artista emergente Clara Woods, partita da Calenzano, un comune della città di Firenze, e arrivata ad esporre le proprie opere in Giappone, vi sveliamo essenza e retroscena dello strumento principe utilizzato in questo percorso: l’attività di media relations.
Per capirne i tratti salienti è necessario partire da una differenza concettuale che sta a monte: quella tra ufficio stampa e ufficio marketing. Entrambi infatti gestiscono l’immagine e promuovono l’identità di un’azienda, brand, artista e/o la sua attività professionale (o prodotto, servizio che ne deriva). Quello che cambia è il destinatario; se da un lato l’ufficio marketing si rivolge direttamente al consumatore, dall’altro un ufficio stampa deve fare i conti con un target di riferimento completamente diverso, il giornalista.
Sì perché l’ufficio stampa ricopre quel ruolo strategico, di cerniera, tra i fornitori di notizie (azienda, artista, ecc.) e i diffusori d’informazione (i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa). Il suo compito, infatti, è quello di far conoscere ai media, in modo corretto e trasparente, ciò che l’azienda intende diffondere. Questo ruolo di collegamento diventa possibile soprattutto attraverso uno strumento strategico come il comunicato stampa, un testo utilizzato appunto per diffondere su quotidiani, riviste, blog, siti web, canali televisivi, radio, magazine di settore e quant’altro, le informazioni relative al cliente per cui si lavora.
Qui il nodo cruciale. Il comunicato stampa rivolgendosi al tecnico delle informazioni per eccellenza (redazione) dovrà essere in grado di attirarne l’attenzione, presentando quella che viene comunemente denominata “la pubblicità dell’azienda”, in maniera tale che questa possa diventare notizia.
La domanda sorge spontanea: come fa un fatto a diventare notizia?
Deve rispondere a quei requisiti di notiziabilità che ne attribuiscano un valore:
- possedere il carattere di straordinarietà, interrompendo la normalità;
- essere caratterizzato da vicinanza al lettore o telespettatore (come può essere quella fisica nel caso di vicinanza territoriale, quella psicologica, ecc.);
- determinare un coinvolgimento emotivo (sia esso positivo che negativo).
Tutto ciò non significa certo che, per far in modo che il giornalista scelga la mia informazione rispetto a quella altrui e decida di farne un articolo da pubblicare, io possa ricorrere a mezzucci di basso profilo quali falsità o alterazioni della realtà giusto per promuovere il mio cliente. È fondamentale essere considerati una fonte di informazione autorevole e credibile, agendo lealmente per poter costruire un rapporto produttivo con i giornalisti, di fiducia legata a veridicità e professionalità dei contenuti.
L’addetto stampa dovrà dunque essere in grado di catturare l’interesse del giornalista, subissato giornalmente da migliaia di comunicati diversi, e nello stesso tempo fornirgli le informazioni necessarie in maniera professionale per eventualmente scrivere un articolo.
La difficoltà di questo compito diventa palese nel momento in cui si vanno a delineare le differenze tra un comunicato stampa e un articolo che da esso può derivarne:
- il linguaggio: l’articolo deve appassionare emotivamente, il comunicato stampa deve risultare asettico e convincere esclusivamente per la validità del contenuto;
- i personalismi: l’articolo rappresenta l’opinione del giornalista che lo scrive, il comunicato stampa deve delinearsi in maniera impersonale;
- la conclusione: l’articolo chiude solitamente con frasi e finali ad effetto, il comunicato stampa deve finire esattamente come inizia ovvero con informazioni;
- gli aggettivi: l’articolo è generalmente ricco per accattivare, il comunicato deve utilizzarli con parsimonia in quanto informativo e non promozionale.
Il percorso per arrivare alla pubblicazione è, come abbiamo visto, tutt’altro che scontato ma il risultato raggiunto può portare a risvolti importanti in termini di brand awareness. In Italia è uno strumento ancora sottovalutato, utilizzato dalle realtà più preparate e lungimiranti che sono riuscite grazie ad esso a far parlare di sé in maniera professionale e funzionale.
“Per un’azienda, un ente pubblico o qualsiasi organizzazione essere visibile è fondamentale ma la visibilità da sola non è sufficiente. Occorre che siano identificati con le caratteristiche che desiderano gli siano attribuite. La visibilità va gestita professionalmente”
Anna Maria Carbone docente del Master in Management della comunicazione Pubblica e Istituzionale.
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