Ultimo aggiornamento 10 Marzo 2020 di Alessandra

I social sono in continuo aggiornamento e le novità non mancano mai, ma ci sono sempre alcune cose che restano sconosciute: ad esempio perché Facebook è blu o come è nato il tanto utilizzato l’hashtag. Ecco 5 cose che non sapevi sui social!

  1. L’origine del colore di Facebook
    Immaginiamoci il momento in cui le grandi menti autrici del social network più conosciuto al mondo si sono ritrovate intorno ad un tavolo per stabilire la linea grafica e i colori da attribuire al nuovo nato. Alcuni studi di settore rivelano che, solitamente, il consumatore impiega circa 90 secondi per elaborare un giudizio su un marchio e, essendo la vista il primo senso (e il più sviluppato) ad essere utilizzato dall’uomo, il colore è sicuramente il primo aspetto rilevante di una qualsiasi immagine.
    Proprio per questo motivo gli studi di colore dietro ad un prodotto o un marchio devono essere molto accurati ed indirizzati verso l’obiettivo della strategia complessiva. Nel linguaggio delle emozioni il colore blu comunica fiducia, sicurezza, tranquillità: tutto ciò che serve per sentirsi liberi di condividere se stessi e la propria vita all’interno di una piattaforma online e visibile al mondo.
    La vera curiosità, però, sta nell’altro motivo per cui il blu è stato scelto come principale colore di Facebook: il daltonismo di papà Zuckerberg! Per lui, infatti, colori come il verde e il rosso sarebbero stati difficilmente distinguibili, mentre il blu eliminava qualsiasi rischio di confusione.
  1. Il perché di Twitter
    Non è difficile capire perché Twitter si chiami proprio così; la natura del social è quella di condividere brevi messaggi che in pochi caratteri sappiano comunicare tutto: quale miglior figura per rappresentarlo se non quella di un uccellino? “Tweet” (il messaggio in 140 caratteri) significa “cinguettio” ed esprime molto bene l’andamento dei contenuti veicolati dal social network, la loro velocità di aggiornamento e la loro semplicità strutturale. Non a caso, poi, è stato scelto come logo proprio un piccolo uccellino azzurro (vi dice qualcosa questo colore?)
    Sembra, però, che il nome Twitter sia stato scelto dopo una serie di opzioni emerse dagli autori del social in fase di brainstorming, tra cui: “Friendstalker“(ok, questo non è il massimo comunicativamente parlando ma sarebbe stato sicuramente rappresentativo!) “Twitch, Twitcher” e “Jitter“. La scelta finale è risultata sicuramente azzeccata.
  2. Hashtag chi?
    L’hashtag (#) come noi oggi lo conosciamo serve per categorizzare i post, etichettandoli con parole rappresentative che possano servire per raffinare la ricerca di un utente all’interno del mare di contenuti social. Pochi sanno, però, che il nostro amato cancelletto deve le sue origini ad un sistema di messaggistica istantanea (antenato di Whatsapp per intenderci) di cui facevano parte le Internet Relay Chat (IRC). Fece la sua comparsa nel 1988, prima ancora della diffusione delle reti internet, con lo scopo di etichettare i canali di questi “antichi” protocolli di comunicazione”.
    Dal 2007 comincia a diffondersi insieme a Twitter, che lo porterà a diventare elemento indispensabile di un post che si voglia ritenere efficace ma anche al passo con i tempi.
  3. Dipendenze moderne
    Come per tutti i social network, Facebook si è talmente diffuso nel suo utilizzo da scatenare una serie di preoccupazioni dovute alla possibilità di creare dipendenza in chi non stabilisce un sano limite da non superare. Spesso i social diventano sfogo di situazioni problematiche nella vita reale, andando a rappresentare un mondo alternativo nel quale rifugiarsi per ore e ore trascurando la propria vita, quella vera. A causa di un degenerato utilizzo di Facebook da parte di molti soggetti è stata coniata una nuova malattia detta Facebook Addiction Disorder (Disturbo da dipendenza da Facebook). La Facoltà di Psicologia della University of Bergen in collaborazione con la Bergen Clinics Foundation (Norvegia) ha addirittura elaborato la Bergen Facebook Addiction Scale (BFAS), una scala che misura il grado di dipendenza da social. L’attenzione all’utilizzo dei social diventa quindi vitale, giusto per non finire con l’aggiungere altre malattie a quell’infinità già esistente.
  4. Hai detto selfie?
    Nemmeno in un altro universo troveremmo qualcuno che non sappia cosa significhi la parola selfie probabilmente. Da qualche anno questo “nuovo” modo di scattare fotografie ha preso piede senza distinzioni di età e utilizzo del web. Ormai il selfie è diventato uno stile: di vita, di fotografia, di condivisione. Le persone si ingegnano, inventano, creano nuovi modi di farsi un selfie con se stessi e il proprio ego ma anche con altri elementi.
    Ma, come sempre, la medaglia social ha anche un’altra faccia, una più brutta e più snaturata. Dimenticando la leggerezza del social come spazio di condivisione di momenti in tutta serenità c’è chi utilizza questi canali per ottenere visibilità attraverso metodi non esattamente sano. Con la moda del selfie ha preso piede anche la voglia di sbalordire gli altri dimostrando di essere capaci di imprese da record: selfie sul cornicione di un palazzo, selfie con uno squalo, selfie sui binari del treno in arrivo.
    Davvero c’è bisogno di questo per sfamare la sete di popolarità?