Abbiamo parlato dell’importanza dei contenuti, abbiamo parlato della gestione dei social nell’emergenza ma quali sono le parole giuste per relazionarci e informare in un periodo di crisi profonda come quello attuale? Qual è il modo corretto per comunicare l’emergenza?
Le parole che scegliamo e il modo in cui le usiamo determinano percezioni e reazioni che possono cambiare il corso degli eventi: le parole giuste informano, muovono al buonsenso, alla responsabilità, al senso di comunità e ci fanno agire con razionalità; le parole nefaste parlano alla pancia, seminano odio, paura, razzismo, sfiducia e ci rendono ciechi ed egoisti.
In tempi di Coronavirus tocca scomodare per l’ennesima volta – e lo faranno in tanti – Italo Calvino. Nelle sue “Lezioni americane” pensate per l’Università di Harvard, lo scrittore formulava un sintetico “tesoro” per chi si occupa di scrittura, in senso più ampio di comunicazione e in senso ancor più ampio di vita. E quindi tutti noi, connotati dal pensiero e dalla parola.
Il saggio, nato dall’unione di sei lezioni mai tenute in realtà da Calvino, che purtroppo morì nel settembre del 1985, passava in rassegna sei termini che potenzialmente potevano tradursi in scrittura. Erano “proposte per un nuovo millennio” e oggi più che mai sembrano adatte al “nuovo tempo” che inevitabilmente si aprirà per noi dopo la pandemia.
Eccole in ordine di “peso”: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza.
Pensiamo a quanto sarebbero termini utili in questa convulsa comunicazione dell’emergenza, quasi “di guerra”, e proviamo a tenerli nella cassetta degli attrezzi anche nel tanto atteso “dopo”. Leggerezza, ben lontana da superficialità, ma capacità di sollevare verso orizzonti più ampi il pensiero e lo sguardo oggettivamente appesantito, rapidità, oggi diremmo quasi simultaneità della notizia rispetto a quanto accade, quindi capacità di stare nei tempi giusti della comunicazione.
Come la melanconia è la tristezza diventata leggera, così lo humour è il comico che ha perso la pesantezza corporea.
Italo Calvino
Poi ancora esattezza, valore senza tempo, che forse dopo questi numeri e questi infiniti pareri, riporterà l’esatto, il corretto, il verificato, al giusto valore. Visibilità, che Calvino certo non immaginava potesse essere quella attuale. Forse domani – fatti salvi i tre criteri precedenti – saremo in grado di usare la visibilità in modo coerente, oltre che efficace come tutti vogliono fare. Ricordando che la visibilità lascia tracce e che le tracce conducono a noi. Quindi diamo il giusto valore al “visibile”. E qui abbiamo introdotto anche l’ultimo dei termini di Calvino, la coerenza appunto. Un passo indietro nei sei termini per non tralasciare la molteplicità col suo valore positivo di infinite relazioni e possibili letture, illuminando una visione sfaccettata del mondo e la complessità come ricchezza in un sistema di comunicazione spesso ridotto a sintesi superficiale.
Da quando la scienza diffida dalle spiegazioni generali e dalle soluzioni che non siano settoriali e specialistiche, la grande sfida per la letteratura è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo.
Italo Calvino
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