Ultimo aggiornamento 27 Ottobre 2020 di Puntoventi
I risultati elettorali parlano chiaro: Donald Trump è il 45esimo presidente americano. La notizia di mercoledì scorso è stata la più cliccata, condivisa e commentata della giornata, a coronamento di una campagna elettorale che si è combattuta sul campo di battaglia dei social media, per la prima volta in modo così massiccio.Sappiamo bene che con queste presidenziali si è aperta una nuova era per il dibattito politico, in cui è innegabile il ruolo decisivo assunto dai social media in qualità di influencer, fonti di informazione e mezzi di promozione (anche) elettorale.
Partiamo dai dati: allo stato attuale circa il 64% dei cittadini americani possiede uno smartphone (contro il 35% delle scorse elezioni); di questi, quasi la metà utilizza Facebook come canale per informarsi sulla politica e i provvedimenti governativi. Ciò avviene perché i social media permettono con un unico strumento sia lo scambio di opinioni tra individui che la comunicazione istituzionalizzata, quella tra i protagonisti dello scenario politico e i cittadini. Basta seguire Trump o Sanders su Twitter per essere aggiornati su dichiarazioni, comizi, risultati e poter discutere con i loro follower.
La rivoluzione digitale degli ultimi anni ha accorciato la distanza tra elettori e candidati, e i politici, in primis quelli delle presidenziali americane, hanno dovuto confrontarsi con utenti sempre più attivi, partecipativi e critici, per non dire spietati! Famoso è stato il caso di Ted Cruz, candidato alle primarie repubblicane che ha abbandonato la scena politica dopo una serie di ‘figuracce’ rese virali, meme condivisi sui social network e campagne volte a ridicolizzarlo. Tutto da ridere il suo molto poco trionfale handshake con Carly Fiorina, amministratore delegato di HP: https://www.youtube.com/watch?v=0iisPVoA66U Secondo il The Guardian, i social media hanno semplicemente amplificato la pratica di denigrare la politica tipica della satira vignettistica, dando alla comunità online maggiore spazio e potere rispetto a quella offline.
Non si può negare che tutta questa partecipazione popolare abbia avuto anche risvolti positivi per i candidati presidenziali: Fastwebmedia ha analizzato i dati sulla popolarità di Donald Trump sul web, calcolando che per raggiungere lo stesso numero di elettori tramite i metodi canonici di propaganda elettorale (manifesti, convention, spot in TV…) avrebbe speso circa 380 milioni di dollari. Grazie a like, tweet e condivisioni, invece, ha raggiunto i cittadini proprio dove questi trascorrono la maggior parte del proprio tempo, cioè online, e senza spendere un centesimo.
Infine, i social network sono diventati un nuovo strumento di confronto politico tra candidati. Lo staff di Hilary Clinton ha gestito il suo account Twitter cercando una linea comunicativa in netto contrasto con i tweet “coloriti e a volte controproducenti” di Trump, al quale è stato requisito l’accesso proprio dal suo staff alla vigilia del voto. Per avere un’idea sulle interazioni tra i due avversari su Twitter, basta pensare al caso #DeleteYourAccount, in cui, a un post polemico di Trump rispondeva un serafico tweet di Hillary, poi diventato trendtopic:
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