Ultimo aggiornamento 10 Marzo 2020 di Alessandra

C’era un tempo in cui non si veniva a conoscenza di eventi sismici, o naturali in generale, se non a distanza di mesi grazie ai racconti dei viandanti che provenivano dalle zone colpite.

A partire dal XVII secolo, hanno iniziato a fare la loro apparizione delle pubblicazioni periodiche (al tempo per lo più settimanali) che raccoglievano le notizie più importanti avvenute nel territorio. Le stesse, evolvendosi, sono diventate gli odierni quotidiani.

Con l’avvento della televisione, la condivisione delle notizie è diventata decisamente più globale, ma, anche oggi, nel caso di catastrofi naturali improvvise, non ci può essere una diretta immediata e tempestiva, cosa invece realizzabile sui social.

Ecco che, come stiamo vedendo in queste ore, i social diventano luogo di informazione, condivisione e supporto. Fin dalla prima scossa di terremoto che ieri notte ha colpito il centro Italia sui social è iniziato un ininterrotto flusso di informazioni che hanno permesso di tenersi aggiornati in tempo reale sull’evento, sui danni, su vittime e superstiti. Queste informazioni hanno fatto il giro del mondo e hanno permesso a chiunque di vivere il dramma “in diretta”. L’hashtag #terremoto in poche ore è divenuto trend topic su Twitter, accompagnato dagli hashtag #prayforitaly e #prayingforitaly e Facebook ha attivato il Safety Check che consente agli utenti presenti nella zona colpita di segnalare che sono in sicurezza (strumento già utilizzato per il terremoto in Nepal del 2015 e in occasione degli attentati terroristici di Parigi e Nizza).

Internet e i social in particolare permettono di avere informazioni su quello che sta accadendo ancor prima di TV e giornali e possono diventare strumenti di grande supporto ai soccorritori e alle popolazioni colpite, grazie ai canali ufficiali degli Enti preposti al salvataggio.

Fin dai primi momenti successivi al sisma, infatti, la Protezione Civile, la Polizia di Stato, la Croce Rossa Italiana e le Istituzioni diramavano comunicazioni su numeri di emergenza, viabilità, centri raccolta, telecomunicazioni in modo da mettere in moto chiunque avesse la possibilità di aiutare a risolvere la situazione. Di conseguenza è partito il tam-tam di solidarietà con utenti che mettevano a disposizione strutture di accoglienza, organizzazioni che informavano raccolte di beni di prima necessità in tutta Italia, eccetera.

Spesso le foto e le notizie sui social sono riprese anche dalle testate giornalistiche dove utenti fotografi amatoriali diventano veri e propri reporter e i cronisti utilizzano i post (spesso embeddati negli articoli stessi) come fonti principali da cui ricavare reportage.

Dall’altra parte, purtroppo, la possibilità di “dire la propria”, ottenendo ampia visibilità sfruttando i trend topic, consente a tutti di intervenire sull’argomento, a volte senza essere pienamente informati, condividendo vere e proprie “bufale” o addirittura postando “fuori tema”.

Ci sono poi gli aspetti legati più alla sete di notorietà di molti utenti che diventano immediatamente esperti di calamità naturali, di emergenze sociali e di politica e approfittano per polemizzare o fare propaganda ideologica di indubbio cattivo gusto di fronte alla sofferenza di chi è stato toccato dalla tragedia.

Forse, in questi casi si pensa più a scrivere un post ad effetto che ad essere solidali con chi ne ha bisogno e la situazione sfugge di mano. Purtroppo è anche questo uno dei grandi poteri dei social.