Forse non ci hai mai pensato davvero, ma il cibo, per come lo concepiamo nella società contemporanea, non è ridotto al semplice ruolo di nutrimento fisico. Nelle logiche di consumo legate al food, infatti, esistono delle dinamiche molto profonde e che coinvolgono i cinque sensi, la possibilità di spesa e l’etica. Qui entra in gioco il neuromarketing.

Neuromarketing: che cos’è

Il neuromarketing è una disciplina che si occupa di applicare al marketing l’insieme di conoscenze e tecniche derivanti dal mondo delle neuroscienze. L’obiettivo? Sondare e analizzare i processi mentali inconsci che spingono il consumatore nelle sue scelte di acquisto e nel suo coinvolgimento emotivo verso un brand, oltre a indagare le risposte automatiche del cervello rispetto a uno stimolo preciso.

L’applicazione del neuromarketing al food

Nonostante il neuromarketing si possa applicare a moltissimi ambiti merceologici, per il settore del Food&Beverage risulta essere una pratica particolarmente efficace, motivo per cui molti grandi brand ne sfruttano il potenziale.

La prima riflessione che possiamo fare è relativa al posizionamento dei prodotti all’interno di un supermercato o di un negozio: l’altezza a cui sono inseriti a scaffale, la vicinanza ad altri elementi e la sua messa in rilievo decretano sin da subito, nella mente del consumatore, una “gerarchia”. La selezione di un prodotto da parte del consumatore comincia già da lì. A questo si aggiungono il packaging, il prezzo, la notorietà del brand, la componente emotiva legata ad esso, le caratteristiche tattili del prodotto. Infine, il gusto.

Notiamo bene: il gusto arriva solamente alla fine. E la percezione di questo gusto è in qualche modo influenzata da tutti gli altri aspetti.

Ma quali sono gli strumenti che i neuromarketer utilizzano per comprendere queste dinamiche di scelta? Sono diversi gli esperimenti condotti con l’utilizzo di sensori dedicati all’acquisizione di segnali elettroencefalografici, in abbinamento a occhiali per l’eye tracking. L’azione combinata di questi due apparecchi permette di verificare il cambiamento emotivo, il coinvolgimento, l’attenzione focale dei soggetti rispetto agli stimoli dati dai prodotti. Per la raccolta dei dati, invece, alla conclusione degli esperimenti vengono somministrati dei questionari.

I 5 sensi e il coinvolgimento emotivo

Suoni, aromi, colori, ruvidità e setosità. Le caratteristiche del prodotto deformano la percezione del gusto. Non solo: anche l’ambiente circostante e la sua gestione influenzano l’aspettativa e il risultato di ciò che portiamo alla bocca. Sono molti gli esempi che potremmo citare:

  • nei bagni di alcuni ristoranti sono posizionati dei diffusori per ambienti al profumo di vaniglia, nocciola, cioccolato. Il momento in cui la maggior parte delle persone fruisce dei servizi igienici è al termine della cena: al ritorno al tavolo, tali fragranze potrebbero suggerirgli il desiderio di concludere con un dolce, per coronare la sua cena;
  • la “crunchiness” delle patatine ne aumenta l’appetibilità, suggerendo al nostro cervello che esse siano più gustose;
  • le etichette del vino per le quali sono stati applicati principi del neuromarketing sono quelle che risaltano di più sugli scaffali di supermercati ed enoteche, per via della loro configurazione grafica;
  • la forma di una barretta di cioccolato influenza la nostra percezione del suo gusto: più sarà tondeggiante e bombata, più la percepiremo dolce;
  • la forma e la qualità del calice ne influenzano la percezione del contenuto.

Il food sharing

Raccontare il cibo o le bevande, ciò che compriamo, prepariamo e mangiamo o beviamo è diventato molto importante, ci permette di vivere e far vivere un’esperienza, un’emozione. Lo storytelling è il punto cardine del mondo del food.

L’arte del racconto si sposa con il settore alimentare non solo perché il cibo è strettamente connesso alle emozioni che fa suscitare quando mangiamo o beviamo ma anche perché serve a creare dei momenti conviviali tra le persone.

Raccontare solo storie però non basta, a rafforzarne gli stimoli percettivi e sensoriali, sono le foto e i video che permettono un maggior coinvolgimento e una facile memorizzazione del prodotto o del brand. Instagram è uno dei principali contenitori di cibo instagrammabile in cui il food porn viene narrato non solo da chi lo produce o cucina ma anche da chi ne assapora il gusto.

Il mondo dei social è popolato di maître à penser, cioè figure a cui ispirarsi in ambito culinario e critico, che permettono agli individui che li seguono di diventare a loro volta maître à penser interpellabili dalle loro cerchie ristrette di amici, famiglia, follower e colleghi di lavoro, dai quali riceveranno gratificazione del loro intendersene.

Nel mondo enogastronomico, post pandemia Covid-19, le persone hanno bisogno di ritrovare i loro valori attraverso racconti fatti di parole, immagini e video che li facciano stare bene e provare sensazioni positive. Ogni individuo poi, in base all’età, ricerca quello di cui ha bisogno non solo nei luoghi fisici, che generano scambi diretti, ma anche online, nelle piattaforme che più lo rispecchia. Il “tipico”, “artigianale”, “sostenibile” e “salutare” sono diventati dei principi che inconsciamente fanno parte dell’essere umano moderno, che una persona può coltivare singolarmente, e su cui si basano le sue scelte di vita.