Nel corso della loro giornata le persone aprono spesso i loro social e approdano continuamente su nuovi siti web. Con utenti così dinamici e smaliziati, la pubblicità deve fare un passo avanti: qui entra in gioco il retargeting. Vediamo cos’è e quali sono i 5 passaggi fondamentali per fare retargeting sui social.

Targeting, remarketing e retargeting: cosa sono?

Spesso il retargeting viene confuso col remarketing, ma pur avendo un fine simile, sono due strumenti distinti da usare con persone diverse. Di seguito vediamo una panoramica per distinguere questi due elementi e la loro differenza col targeting.

Si parla di operazioni di targeting quando la pubblicità mostrata all’utente viene selezionata secondo criteri come:

  • l’area geografica in cui si trova (geolocalizzazione);
  • i suoi interessi;
  • i like ai post;
  • i contenuti che salva o invia;
  • chi segue e in quali gruppi è iscritto.

È importante tenere a mente che il target potrebbe non avere mai sentito parlare del brand prima di quel momento, si parla infatti di utenti generici.

Il remarketing prevede l’invio di materiale promozionale tramite email o SMS, indirizzandolo quindi a persone già molto interessate, che hanno fornito i loro contatti di propria iniziativa, manifestando la volontà di rimanere in contatto con il brand. In questa categoria rientrano anche clienti che hanno già effettuato l’acquisto. Nel remarketing si parla direttamente alla singola persona che sarà profilata in modo più preciso.

Nel caso del retargeting ci si concentra su chi ha già avuto interazioni di qualche tipo col brand come visite al sito o click sui banner. L’utente viene smistato all’interno dei segmenti da colpire in base al suo comportamento. Il retargeting prevede l’utilizzo di sistemi di tracciamento per poter “seguire” l’utente durante le sue ricerche sul web per farlo raggiungere successivamente dalla pubblicità giusta.

Che sistemi di tracciamento usare?

Non è necessario avere un contatto diretto per questo genere di operazioni.

Entrano in gioco i famosi cookies, usati sia per le statistiche sul traffico del sito web sia come fonte di informazioni sul comportamento degli utenti (con la possibilità in alcuni casi di cederle a terze parti). Questo è un campo delicato in cui bisogna trovare un equilibrio fra la necessità di acquisire informazioni e tutelare la privacy degli utenti.

Google Tag sono dei segmenti di codice HTML da implementare nel proprio sito web in modo da ottenere maggiori informazioni sull’andamento di una campagna Ads (che permette di acquistare uno spazio nella pagina dei risultati di Google).

Per quanto riguarda i social, gli strumenti utilizzati sono il Pixel di Meta. Anche in questo caso si tratta di un pezzo di codice da inserire nel proprio sito web in modo che il social possa ottimizzare le campagne lanciate anche per chi ha intrapreso azioni sul sito. Meta, per Facebook e Instagram, mette a disposizione anche il Power Editor (più comunemente conosciuto come Gestione Inserzioni), uno strumento che offre la possibilità di intervenire su più campagne contemporaneamente.

L’obiettivo è accompagnare l’utente verso la fase successiva del processo di acquisto.

Come fare retargeting sui social?

Per prima cosa bisogna assicurarsi che tutti gli elementi tecnici come cookies e Pixel siano stati correttamente impostati.  Le normative sulla tutela della privacy sono in costante aggiornamento e variano nei diversi paesi. È importante quindi continuare a monitorare la situazione anche per la scelta di tool e servizi per la gestione dei dati raccolti.

Ecco 5 passaggi da ricordare per fare retargeting sui social:

  • avere ben chiari quali sono i segmenti specifici da colpire, tenendo in considerazione non solo il comportamento già manifestato ma anche l’azione che si vuole incoraggiare. Nella pratica, questo si traduce nella segmentazione, ovvero usando pubblicità diverse per ogni singolo gruppo;
  • creare campagne uniche e accattivanti in modo da attirare l’attenzione degli utenti;
  • la frequenza e la durata devono essere pensate caso per caso, tenendo conto non solo dell’obiettivo ma soprattutto dell’utente: deve essere raggiunto abbastanza spesso da ricordarsi del brand e voler interagire senza però sentirsi infastidito e per questo decidere di evitare di avere nuovi contatti;
  • fare sperimentazioni con A/B test o split test in modo da raccogliere dati su quali aspetti devono essere corretti in corso d’opera e intervenire tempestivamente;
  • raccogliere, analizzare e archiviare i dati riguardanti le campagne per poter migliorare sempre più le performance delle azioni future.